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Art bonus: la situazione delle aziende che in italia investono in arte vista

(PRIMAPRESS) - Le recenti aperture sull’Art Bonus hanno rappresentato un cambio di passo importante per incentivare un utilizzo ancora più diffuso di forme di mecenatismo a tutela e sostegno del patrimonio culturale pubblico in Italia.
Le agevolazioni fiscali, inizialmente previste per il triennio 2014-2016, con la Legge di Stabilità 2016 sono diventate forme permanenti e strutturali di incentivazione, sotto forma di erogazioni liberali, alla promozione di opere di mantenimento, protezione e restauro di beni culturali pubblici, nonché al sostegno di istituti e luoghi della cultura di appartenenza pubblica o in favore di enti e istituzioni pubbliche per la realizzazione o restauro di strutture destinate ad attività di spettacolo.
La misura, che prevede un credito d’imposta nella misura del 65 per cento delle erogazioni liberali (da ripartire in 3 quote annuali di pari importo), può essere fruita, nel caso di soggetti titolari di redditi di impresa, entro il limite del 5 per mille dei ricavi annui. Dunque, per sostenere l’iniziativa, il Governo Italiano ha introdotto una soglia di sbarramento molto ampia. Così come è meritevole di attenzione l’apertura dell’Art Bonus a favore di progetti di recupero nelle zone colpite dal terremoto dello scorso anno in Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria.
Nel complesso, la sensazione è che l’Art Bonus abbia dato una spinta propulsiva a forme di mecenatismo culturale: in questo settore, l’unione pubblico/privato in un Paese, come il nostro, ove il patrimonio artistico da tutelare è ampio e di grande importanza, assume certamente un significato molto rilevante.
Le imprese percepiscono una rinnovata attenzione ai temi culturali, non più visti come un “onere” per il nostro Paese ma come un “onore” da sostenere ed incentivare, come una risorsa troppe volte inesplorata e non adeguatamente valorizzata, che potrebbe significare anche benefici in termini economici per il nostro sistema Paese, e quindi per le imprese stesse.
Riteniamo che questo sentore sia particolarmente diffuso non soltanto tra Istituti di credito e Fondazioni bancarie (che, grazie all’apertura dell’Agenzia delle Entrate attuata con la Risoluzione 87 del 2015, possono fruire di un credito d’imposta allorquando assumano l’obbligazione di dare esecuzione ai progetti di restauro e valorizzazione del monumento facendosi carico, in via esclusiva, dei relativi oneri finanziari e organizzativi), ma anche tra le imprese che operano in ambiti ‘glamour’, quali quelli del lusso e della moda in particolare, con un’attenzione ai progetti legati alla valorizzazione del patrimonio culturale del territorio nel quale i mecenati sono in qualche modo legati.
Sembra, pertanto, che, anche grazie all’Art Bonus, si stia diffondendo una nuova “cultura d’impresa”, sensibile alla tutela e valorizzazione di un patrimonio artistico nazionale che non può essere disperso.
In questo senso non va neanche sottovalutato l’apporto, anche se ovviamente in misura inferiore, dei privati, a volte facenti parte della compagine familiare cui l’impresa si riferisce.
Di tutto ciò beneficia non solo direttamente il patrimonio artistico nazionale, ma, indirettamente, anche il “sistema Paese”, attraverso lo sviluppo delle attività turistico-alberghiere, che fanno capo peraltro allo stesso Ministero.

Nicola Canessa, Partner CBA - (PRIMAPRESS)