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Forum Internazionali: l'autoritarismo di Pechino che non riconosce l'indipendenza di Taiwan

  • di Giuseppe Morabito*
  • in Mondo
Forum Internazionali: l'autoritarismo di Pechino che non riconosce l'indipendenza di Taiwan
(PRIMAPRESS) - PECHINO - Non solo il braccio di ferro tra il governo di Pechino e gli intellettuali di Hong Kong continua ad alimentare la convinzione che il grande paese asiatico non ha nessuna intenzione di volersi aprire alla democrazia ma è anche il suo rapporto problematico con Taiwan. Pechino continua a considerare l'isola come parte del suo territorio e non come un paese indipendente e democraticamente all’avanguardia. Una delle conseguenze di tale posizione sta nel fatto che la Cina ha ottenuto, nel tempo, l’esclusione quasi totale di Taiwan dalle organizzazioni e dai forum internazionali. Fa eccezione forse solo la NATO che, ad esempio, permette a funzionari taiwanesi di partecipare ai corsi di formazione al NATO Defence College di Roma. Certamente se gli organizzatori dei forum e la maggior parte dei paesi partecipanti esprimessero almeno il loro sostegno a Taiwan nel senso di favore alla sua presenza nei forum internazionali stessi, questo potrebbe avere un ruolo fondamentale nel promuovere l'obiettivo perseguito dalla democratica Taiwan e quindi vedere i suoi rappresentanti prendere parte alle riunioni delle organizzazioni internazionali in modo pragmatico ed efficace.
IL 5% DELLA POPOLAZIONE DI TAIWAN VIVE IN CINA
Quanto precede, quantomeno contrasta con le stime attuali che dicono che circa 1,2 milioni di taiwanesi, ovvero il 5% della popolazione di Taiwan, vive in Cina, molti di essi sono uomini d'affari, e indicano inoltre che le aziende taiwanesi hanno investito 190 miliardi di dollari in affari “cinesi” negli ultimi tre decenni. Ad esempio, Foxconn, un’importante industria taiwanese con contratti di forniture elettroniche ad Apple, impiega un milione di lavoratori in Cina, più di qualsiasi altra impresa privata nel paese.
Mentre l'Occidente diventa sempre più sospettoso dell'ascesa della Cina comunista - una tendenza che il presidente americano eletto, potrebbe rallentare ma, si spera, non invertire - Pechino sembra più propensa che mai a rafforzare i legami commerciali attraverso lo stretto di Taiwan. Il governo cinese, nonostante quanto premesso, vede le aziende taiwanesi come una fonte d’investimenti e tecnologie critiche come, per esempio, i chip per computer, la cui esportazione in Cina è osteggiata e in riduzione a causa delle attuali politiche di contenimento di Washington. Allo stesso tempo e nonostante gli sforzi di Pechino, le principali industrie di Taiwan si stanno raffreddando nei confronti del loro gigantesco vicino anche se, quando la Cina ha aperto agli investimenti stranieri negli anni '80, gli imprenditori di Taiwan erano stati i primi stranieri ad “aprire i loro portafogli” sia attirati da manodopera a basso costo sia da un linguaggio comune e una cultura condivisa che potevano contribuire a ridurre i costi dell’operazione. 
TRE DEI BRAND PIU' POPOLARE IN CINA SONO TAIWANESI 
Oggi, tre dei dodici marchi di beni di consumo più popolari in Cina per fatturato sono taiwanesi. I cinesi mangiano spaghetti istantanei, cracker di riso e succhi prodotti da taiwanesi e, parimenti, lo sono i tre maggiori fornitori di Apple con sede in Cina: Wistron, Pegatron e Foxconn. Oggi, comunque, la Cina sta facendo di tutto per continuare a reclutare più aziende da Taiwan, tanto è vero che a maggio le autorità di Pechino hanno diffuso una direttiva ufficiale che consente alle aziende cinesi di proprietà di Taiwan di “ricevere lo stesso trattamento delle imprese del continente” e la direttiva si applica anche ad aree sensibili come le reti mobili 5G e l'intelligenza artificiale. Nessun'altra azienda straniera gode di un trattamento simile. Finora questi sforzi di Pechino hanno avuto un successo limitato in quanto, come anticipato, i flussi degli investimenti annuali da Taiwan sono diminuiti di oltre la metà nell’ultimo lustro e questa crescente reticenza da parte delle aziende taiwanesi può essere probabilmente chiarita in chiave geopolitica.
Come ormai palese, l'obiettivo della Cina di scoraggiare l'indipendenza formale rafforzando i legami commerciali è sempre più evidente. Lo speciale trattamento riservato da Pechino alle imprese taiwanesi alimenta solo altri sospetti e probabilmente tale azione ha agito come elemento concorrente e favorevole per la rielezione, lo scorso gennaio, della Presidente della Repubblica di Taiwan, grande sostenitrice dell'indipendenza. Questo va messo in sistema con il fatto che molti sospettano che le società cinesi che hanno sede a Taiwan siano una quinta colonna del Partito comunista cinese. Inoltre, le sanzioni imposte dall'America su un lungo elenco di esportazioni cinesi hanno spinto molti produttori taiwanesi a spostare le operazioni fuori dalla Cina, principalmente nel sud-est asiatico e nel caso del loro più grande produttore mondiale di biciclette, i taiwanesi hanno identificato l'Ungheria come una base di produzione alternativa.
Se si aggiunge poi la constatazione che i giovani taiwanesi sono riluttanti ad assumersi il compito, spesso ingrato, di gestire le fabbriche cinesi si potrebbe immaginare che sia molto probabile che l'epoca d'oro degli affari taiwanesi in Cina sia finita o volta al termine.
Per quanto ha tratto con la stretta attualità, va ricordato che quando è apparso alla fine del 2019, il virus cinese o CV19 si è evoluto in una pandemia globale al momento non ancora controllata in molti paesi. Nell’area, dopo aver sperimentato e combattuto l'epidemia di SARS nel 2003, Taiwan si è preparata in anticipo per fronteggiare il “ Virus di Wuhan”, conducendo uno screening dei viaggiatori in entrata, facendo un inventario delle forniture anti pandemiche e creando un team nazionale di produzione di mascherine. La pronta risposta del governo e la cooperazione del popolo taiwanese hanno contribuito a contenere efficacemente la diffusione della malattia.
Nello stesso tempo in cui la pandemia ha seriamente compromesso la vita e la sicurezza delle persone, il crimine informatico ha iniziato a minare sempre maggiormente la sicurezza nazionale, le operazioni aziendali e la sicurezza delle informazioni personali e dei beni, causando danni e perdite in tutto il mondo.
La lotta alla criminalità informatica richiede cooperazione internazionale e Taiwan ha chiesto di collaborare con altri paesi nonostante, qui come in altre aree, l’opposizione del governo di Pechino.
Taipei si è detta favorevole e disponibile sia ad aiutare altri paesi sia a condividere le sue esperienze per rendere più sicuro il cyberspazio e realizzare una rete Internet veramente senza problemi. 
A tale scopo il Criminal Investigation Bureau del Ministero dell'Interno di Taipei ha chiesto a tutte le democrazie di sostenere la partecipazione di Taiwan all'Assemblea generale annuale dell'INTERPOL in qualità di osservatore, nonché alle riunioni e alle attività di formazione dell'INTERPOL. Non so se il generale e filosofo Sun Zu (nato nel nord della Cina e vissuto tra il 544 e il 496 a.C. , primo che si ricordi a scrivere di strategia) avrebbe scelto di vivere in Cina o avrebbe optato per un trasferimento sull’isola di Taiwan ma uno dei suoi aforismi oggi riecheggia perfettamente in linea con quanto fino ad ora  descritto: "Le opportunità si moltiplicano mentre vengono colte".

*Giuseppe Morabito, Membro del Direttorato della Nasa Defense College

                                   - (PRIMAPRESS)