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Integrazione euro-atlantica dei Balcani: il ruolo di Nato, UE e Italia. Un convegno a Roma della Nato Defense College Foundation

  • di Giuseppe Morabito*
  • in Mondo
Integrazione euro-atlantica dei Balcani: il ruolo di Nato, UE e Italia. Un convegno a Roma della Nato Defense College Foundation
(PRIMAPRESS) - ROMA - Il 2020 è stato un anno cruciale per l’avanzamento dell’integrazione euro-atlantica dei Balcani, con l’ingresso della Nord Macedonia alla NATO e la ripresa dei negoziati per l’adesione all’Unione Europea tra Bruxelles, Skopje e Tirana. E’ indispensabile alla fine di questo travagliato periodo comprendere come NATO, l’UE e altri organismi internazionali si comporteranno nei confronti della regione anche allargando lo sguardo al “ritorno di potenza” della Turchia attraverso la proiezione marittima nel Mediterraneo e nel Levante. In questo scenario sarebbe utile conoscere quali dinamiche sociali ed economiche caratterizzano la trama del tessuto politico dei paesi balcanici.
La NATO Defense College Foundation, in cooperazione con la NATO Public Diplomacy Division, il Balkan Trust for Democracy, la Commissione Europea e il NATO Defense College organizzano, il prossimo 28 settembre, una conferenza presso il Centro Congressi Roma Eventi - Piazza di Spagna, per una riflessione sulle trasformazioni dei Balcani Occidentali che già dal 2014 mostrano segni di fermenti monitorati con il progetto Strategic Balkans. Alla conferenza capitolina interverranno, tra gli altri, il Comandante della missione NATO KFOR, Generale Michele Risi, in collegamento diretto da Pristina. Il suo intervento servirà a focalizzare le operazioni in corso. Il punto di vista del  Presidente della Commissione Affari Esteri e Comunitari della Camera dei Deputati, Piero Fassino, servirà a comprendere l’importanza strategica dei Balcani Occidentali e sul ruolo dell’Italia nell’area.
Dall'accordo di Dayton (Novembre 1995), i Balcani sono stati una storia di successo in termini di costruzione della pace e stabilità. Tuttavia, sia le difficoltà interne sia le continue crisi dell'ambiente internazionale che hanno colpito i sei paesi balcanici hanno reso particolarmente difficile il percorso di integrazione, oltre al Virus di Wuhan con i suoi effetti senza precedenti. La presidenza dell'UE si è impegnata a proseguire i negoziati a diversi livelli con Serbia, Montenegro, Albania e Macedonia del Nord. Buona parte della regione è ancora nel “limbo” in merito alla possibile adesione alla NATO di tutti i paesi. In pratica oggi i Balcani stanno combattendo per il loro futuro. L'intreccio tra politiche interne ancora ostaggio di vecchie e nuove faziosità, economie molto fragili e tensioni sociali verso una maggiore libertà, sono comuni a tutti i paesi ma presenta anche peculiarità locali che necessitano di un approccio su misura. Chi conosce bene la regione si chiede come sia possibile per le società balcaniche spezzare il ciclo di depressione politica che erode la fiducia del pubblico e spinge verso l'emigrazione e lo spopolamento.
L’accordo di normalizzazione economica tra Serbia e Kosovo è solo una delle ultime buone notizie provenienti da una regione dove la curva dei contagi da virus di Wuhan continua a salire e le ripercussioni economiche e sociali della pandemia vanno a gravare su un quadro politico regionale già alle prese con la citata recessione economica e la conseguente forte tendenza allo spopolamento.
La normalizzazione economica tra i due paesi è stata però, in parte, messa in discussione perché’ lo scorso mese di luglio il governo di Pechino ha venduto sei nuovi droni CH-92A alla Serbia e gli stessi sono ora dislocati nell'aeroporto militare di Belgrado a Batajnica. La Serbia diventa così il primo Paese europeo a dotarsi di aeromobili a pilotaggio remoto (Unmanned aerial vehicle-UAV) di fabbricazione cinese. L’acquisizione crea uno strappo difficilmente ricucibile tra il governo di Belgrado e la NATO, che già nel 2019 aveva espresso la propria contrarietà al presidente serbo Aleksandar Vucic, dopo la “manifestazione d’interesse” di Belgrado per il sistema di difesa antiaerea russo S-400.
Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump appresa la notizia, aveva ventilato per la Serbia di pesanti sanzioni economiche ma la cosa è andata scemando quando un paese membro della NATO, la Turchia, ha fatto lo stesso acquisto da Mosca.  Se l’interessamento ai sistemi di difesa antiaerea russi da parte della Serbia, è qualcosa che sono abbastanza comprensibili visti i legami storici e culturali, non di può dire lo stesso per quanto ha tratto con il mancato rispetto delle regole dell’Alleanza da parte di Erdogan.
Per concludere, si voglia o no, i droni cinesi con annessi missili, non solo come mezzi di difesa, risultano  un monito ai paesi vicini membri della NATO.
*Direttorato NATO Defense College Foundation - (PRIMAPRESS)