L’Instituto Cervantes di Napoli rende omaggio a Mariano Fortuny y Marsal (Reus 1838 – Roma 1874) con due incontri che celebrano una delle figure più affascinanti del panorama artistico spagnolo. Gli incontri sono realizzati nell’ambito del ciclo “Fortuny: la geografia sentimentale di un pittore”, serie di conferenze – ad ingresso gratuito – inaugurate lo scorso anno in occasione del 150º anniversario della morte dell’artista catalano. Giovedì 16 ottobre alle ore 17, presso la sede partenopea dell’Instituto Cervantes (via Chiatamone 6/G), è in programma la prima delle due conferenze di questo mese dal titolo “Mariano Fortuny e Napoli“, a cura della storica dell’arte Eugenia Querci. Il 30 ottobre alle ore 17, invece, si terrà “Fortuny e la luce. Il soggiorno a Portici”, a cura di Begnoña Torres González.
Due momenti di approfondimento e conoscenza di uno straordinario artista che ha avuto un enorme successo internazionale, elogiato dai più importanti critici dell’epoca, mettendo in risalto il suo legame con la città partenopea e il soggiorno estivo a Portici tra il luglio e l’ottobre del 1874. Con il mare costantemente di fronte agli occhi, intorno una campagna ancora intatta sovrastata da cieli infiniti, Mariano Fortuny disegna molto e abbraccia una pittura luminosissima, coltivata per sé, senza obiettivi di vendita a guidarne la mano. Un momento percepito come una liberazione, un desiderio di autonomia da quella morsa in cui il mercante Goupil e lo straordinario e precoce successo lo avevano costretto. In quei mesi attorno a lui si riunisce tutta la comunità degli artisti napoletani, tra i quali i giovani Vincenzo Gemito e Antonio Mancini, in uno fecondo scambio artistico i cui effetti andranno molto al di là della prematura morte del pittore catalano, avvenuta poco dopo al suo rientro a Roma, il 21 novembre del 1874. Il suo più grande successo è dovuto fondamentalmente alla piccola pittura di corrente preziosista, basata su una tecnica minuziosa e virtuosa, su una preferenza per il piccolo formato (taubletins) e su una tematica ispirata al XVIII secolo. Il pittore catalano è stato anche un artista versatile che ha praticato altre tecniche come l’acquerello e l’incisione, la pittura di paesaggi, quella orientalista e quella di genere, dove si è dimostrato molto più innovativo. Le sue ultime opere, realizzate durante il soggiorno estivo a Portici nel 1874, sono proprio le più libere e moderne, interessate alla cattura del plein air e alla pittura al naturale, con composizioni meno rigide, più libere e soggettive, lontane dagli interessi commerciali che lo perseguitavano. A Portici iniziò la sua eccellenza marina – Villegiature-, il suo ultimo grande quadro destinato alla vendita- oggi scomparso – e che lasciò incompiuto. Qui dipinge anche, tra le altre cose, il meraviglioso ritratto La señora Agrassot; Las labanderas del Tiber, Paisaje de Portici o Los hijos del pintor en un salón japonés, in cui si mostra l’influenza dell’esotica arte orientale e il Carnicero árabe che, a parole sue non è da vendere, perché nessuno lo comprerebbe, solo io mi pagherò il lusso di averlo per me: questo è la vera pittura.

