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Lungometraggio di Rossella Inglese con “L’origine del mondo” tra romanzo di formazione e thriller

ROMA – Nelle sale di Roma è arrivato “L’origine del mondo”, il primo lungometraggio della regista Rossella Inglese, con soggetto originale scritto insieme a Dario D’Amato. Inglese con il cast rappresentato dagli attori Giorgia Faraoni, Jade Pirovano e Fabrizio Rongione raccontano la stori di un piccolo borgo dell’Italia settentrionale, incastrato tra la zona industriale e corsi d’acqua immersi nel verde che caratterizzano il paesaggio di quelle zone.
La trama è incentrata sulla storia della diciannovenne Eva, che appena ottenuta la maturità comincia a lavorare in un vivaio e ad uscire con una comitiva di amici. La sua vita prende però una piega drammatica quando un ragazzo la filma di nascosto durante un amplesso, diffondendo poi il video. Esso verrà rilanciato in particolare dall’ex ragazza del suo autore, Nicole, gelosa della vera vittima di questo gioco vigliacco: Eva, appunto. Con la reputazione distrutta dalla cattiveria delle coetanee e dal bigottismo del piccolo paese, e con la vita lavorativa compromessa a causa delle vessazioni di un viscido e crudele collega, Eva una sera medita l’insano gesto, e alla fine tenta di compierlo. Nel farlo, si lancia addosso a una macchina in corsa che viaggia spedita sopra a un cavalcavia, la quale però riesce a evitarla lasciandola illesa. La vettura finisce però fuori strada provocando la morte della sua conducente, Teresa. Il film si svilupperà poi attorno al rapporto complesso e dinamico che Eva instaura con Bruno, marito della vittima, ignaro del ruolo della ragazza in quello che è stato archiviato dagli inquirenti come un incidente. Eva, diventata anche carnefice colposa suo malgrado, diventerà prima amica e poi amante di Bruno, vedovo che a sua volta nasconde diversi lati oscuri della sua esistenza, e in particolare del rapporto burrascoso che intratteneva con la defunta moglie. Con più eros che thanatos, “L’origine del mondo” è da interpretarsi come un tragico romanzo di formazione piuttosto che un thriller o una storia romantica, e solo con la conclusione della pellicola si assisterà alla chiusura dei cerchi concentrici aperti dalle azioni dei protagonisti.
Tecnicamente, il film risulta molto scorrevole ed asciutto, e questo è un pregio che va riconosciuto e sottolineato con grande attenzione, trattandosi di un lungometraggio impegnato e d’autore. A differenza di tanti colleghi europei, Rossella Inglese riesce a far coesistere la presenza di profonde riflessioni su tematiche tragiche e l’assenza di momenti morti, che invece altrove denunziano sovente un affettato disinteresse del ritmo narrativo più che una reale esigenza di lunghi silenzi.

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