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Vino, il Lazio al Vinitaly prova a ripartire dalla Doc Roma

(PRIMAPRESS) - VERONA – Basterà la nuova denominazione Roma per rilanciare i vini del Lazio? Sicuramente no, ma si spera in uno scossone che possa rimettere in moto il sistema, ormai inceppato come è risultato evidente da un padiglione dimezzato al Vinitaly 2014. Per fare il punto la Camera di Commercio di Roma, attraverso l’Azienda Romana Mercati, ha organizzato l’evento “Vigneto Lazio e la nuova DOC Roma” al quale hanno preso parte istituzioni e professionisti della ricerca, tutti coinvolti nel trovare la soluzione alla crisi di identità vinicola della regione. Vinitaly 2014 Vigneto Lazio Da una parte l’assessore regionale all’Agricoltura Caccia e Pesca Sonia Ricci ha proposto un nuovo metodo “quello della partecipazione, per costruire sviluppo intorno a questo evento (Vinitaly n.d.r.) insieme a tutte le aziende”, salvo poi dover accettare la fredda e per nulla conciliante analisi di Denis Pantini (Direttore Agricoltura e Industria Alimentare Nomisma) che ha tracciato un quadro pesantissimo per il vino del Lazio. La regione non è in nessuna delle principali classifiche esaminate, per fatturato e per riconoscibilità ad esempio, il tutto con l’elemento peggiorativo di un cambiamento dei consumi che spinge i consumatori abituali ad essere sempre più vecchi mentre i giovani fanno la spola tra vino e altre bibite, birra su tutte. “Non conosciamo il mercato interno dei nostri vini – ha detto ancora l’assessore Ricci – e molte nostre aziende sono troppo piccole per imporsi sul mercato, due elementi di difficoltà importanti per costruire un sistema. Non possiamo partire ogni volta dall'anno zero, spesso non si persegue fino in fondo la strada in cui si crede ma ci si ferma alla prima difficoltà. Bisogna crederci e provare, il Lazio non è conosciuto e dobbiamo costruire un marchio regionale diverso sfruttando il rapporto millenario che Roma ha con il vino”. Un percorso che, sempre a detta dell’assessore Ricci, dovrebbe avere un momento importante nello snellimento burocratico di un settore che più di altri è incatenato da mille vincoli e controlli. Qualche spunto nuovo è arrivato da Luigi Odello, Presidente Centro Studi Assaggiatori, che ha tracciato possibili percorsi innovativi per la comunicazione del vino e la sua stessa produzione, indicando in gradazioni alcoliche più basse insieme a sentori più floreali e sensazioni morbide la via per fare vini più vendibili in base agli studi effettuati con le analisi sensoriali effettuate su ampi panel di utenti. Infine un campanello di allarme è stato lanciato da Marco Sabellico, del Gambero Rosso, che ha da una parte confermato che forse il Lazio in passato ha sbagliato qualcosa nell’impostare il settore vitivinicolo ma – in riferimento alla DOC Roma – ha chiarito anche che “un marchio importante come Roma non può essere usato su prodotti che non siano eccezionali, usiamolo per riqualificare la produzione”. Anche il presidente della Regione Nicola Zingaretti è intervenuto poi al Vinitaly incontrando produttori e operatori, uno sforzo quello degli enti coinvolti che sembra però scontrarsi con una delle edizioni di più basso tono per il Lazio. Per la prima volta da anni il padiglione è stato ripartito con un’altra regione, anzi una parte di regione come l’Irpinia che si è “allargata” uscendo dal padiglione Campania, e con grandi mancanze strutturali e di immagine. La difficile situazione del Coprovi di Velletri ha lasciato orfano il padiglione e l’intera fiera di uno dei centri più grandi dei Castelli Romani, mancano poi stand istituzionali dei consorzi, Frascati su tutti, e le due aziende conosciute al di fuori dei confini regionali, Casale del Giglio e Marco Carpineti, da sole non riescono a cooptare un grande movimento di visitatori. Insomma oltre alla DOC Roma probabilmente c’è da fare ancora molto per i vini del Lazio al Vinitaly e non solo. - (PRIMAPRESS)