ROMA – L’attività di comunicazione e marketing sui social media per le aziende italiane cresce di anno in anno, ma non è detto che questo si trasformi in una presenza valida ed effettivamente capace di sfruttare le possibilità offerte dal web 2.0. Il ruolo dei canali messi a disposizione dall’implementazione di tecnologie informatiche e sistemi comunicativi ha ormai preso piede nella coscienza del tessuto produttivo tricolore, che però stenta ancora a capirne le regole e ad aprirsi ad un utilizzo consapevole e soprattutto gestito da personale appositamente formato. Sono questi i risultati arrivati dalla seconda edizione dell’Osservatorio dell’università Iulm di Milano sull’uso dei social media da parte delle aziende italiane. La ricerca, presentata con l’appuntamento SocialMediAbility promosso dall’Executive Master in Social Media Marketing & Web communication dello stesso ateneo, ha evidenziato un aumento di oltre il 17 punti nella percentuale di imprese che utilizzano almeno un canale social arrivando ad una proporzione di uno su due (nel 2010 la stessa ricerca aveva attestato questo dato al 32,5% mentre nel 2011 si è arrivati al 49,9%). Un aumento dovuto in gran parte nella diffusione capillare di questa scelta nelle piccole aziende, con un aumento del 400% nel loro segmento. Il canale maggiormente apprezzato è, neanche a dirlo, Facebook, scelto dal 71,1%; un dato interessante visto il raddoppio delle preferenze, che però non regge il confronto nel dettaglio con canali come Twitter, YouTube e LinkedIn che hanno avuto aumenti proporzionalmente più alti fino al caso limite della piattaforma di microblogging da 140 caratteri che ha triplicato le preferenze. Le note dolenti arrivano però dall’analisi quali-quantitativa di questo sviluppo, l’Osservatorio ha infatti ripetuto la misurazione del SocialMediAbility (un indice che mette insieme l’orientamento generale dell’azienda verso i social media, la gestione dei canali attivati e l’efficacia delle iniziative adottate) ottenendo un incremento davvero esiguo di questo valore, passato complessivamente dallo 0,79 all’1,16 in una scala che arriva addirittura a 10.
La presentazione dello studio, effettuato su un campione di 720 imprese di sei settori diversi (moda, alimentare, hospitality, pubblica amministrazione, banche e arredamento) ognuno dei quali rappresentato da blocchi uguali di piccole, medie e grandi aziende, si è svolta ovviamente in modalità 2.0 con un hastag ufficiale Twitter (#sma11) che è servito per la diretta e per rivolgere domande ai relatori intervenuti, oltre ad essere stata trasmessa in streaming sui canali dello Iulm.
Dopo la presentazione si è aperto un focus sul settore bancario, rappresentato dalle tre realtà capaci di aggiudicarsi i punteggi più alti nel SocialMediAbility, che in tutti e tre i casi hanno raggiunto anche punteggi pieni di 10 in uno o più dei segmenti utilizzati per costruire l’indice. In particolare Banca Ifis si è aggiudicata la palma di “migliore†dell’anno trascorso e, con Luca Schibuola, ha raccontato l’esperienza del lancio del conto deposito Rendimax Like, un prodotto nato da e per l’ambiente social. A seguire i rappresentanti di BNL e WeBank, istituti di credito giunti appunto secondo e terzo nella speciale classifica, hanno evidenziato le rispettive best practice in tema di social media per concludere poi la giornata con una tavola rotonda che ha evidenziato come il mondo bancario sia sicuramente uno di quelli in cui il web 2.0 potrà portare anche in futuro grandi vantaggi, sebbene siano da gestire in maniera accurata aspetti quali la trasparenza e la cura del cliente.
Il professor Guido Di Fraia, direttore scientifico del Master, ha quindi salutato i presenti dando appuntamento all’anno prossimo per un’indagine che sta evidenziando tutta la sua utilità per lo sviluppo stesso del tessuto produttivo italiano alle prese con la modernità .