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“LA SCOMPARSA DI PATO’”: LA PRIMA VOLTA DI CAMILLERI AL CINEMA

La-scomparsa-di-pato-locandina ROMA – Dopo tanti romanzi e fiction televisive arriva finalmente al cinema un’opera dello scrittore Andrea Camilleri: La scomparsa di Patò, un film d’epoca ambientato in Sicilia, il cui personaggio principale, interpretato da Neri Marcoré, svanisce nel nulla senza lasciare apparentemente traccia. Curiosa persino la genesi del romanzo che, come confidato dallo stesso autore, deriva da un’altra opera siciliana, “A ciascuno il suo” di Sciascia, dove tra le ultime righe si accenna proprio alla scomparsa di un certo Patò. Ma chi è Patò e cosa vuole rappresentare Camilleri?
È il 1890. Nell’immaginaria città di Vigàta sta per essere messo in scena, come ogni anno durante il Venerdì Santo, il “Mortorio”, ovvero la Passione di Cristo. Non tutti i dilettanti attori che vi si cimentano possono tuttavia vantare un nutrito gruppo di ammiratori come Antonio Patò, alias Giuda, direttore della sede locale della banca di Trinacria. A lui si deve, anno dopo anno, l’acme della rappresentazione, l’impiccagione, momento in cui, accompagnato dagli improperi degli astanti, il protagonista deve lasciarsi cadere in una botola costruita ad hoc. Lapalissiano, il titolo la dice lunga e suggerisce che qualcosa non quadra. Al termine del ‘mortorio’, infatti, fra i più scaltri c’è già chi allude alla morte del malcapitato. Del resto si sa, il titolare di una banca fa sempre gola e con la mafia in giro mai dire mai; intanto la gente mormora.
A fare luce sul caso saranno i due bislacchi investigatori incarnati da Nino Frassica e Maurizio Casagrande, appartenenti rispettivamente alla schiera dei Carabinieri e alla PS. I due dovranno muoversi dentro la scena ricomponendone i cocci tra mille difficoltà e ostacoli non senza ostentare le reciproche inimicizie. Qui il regista Rocco Mortelliti apporta la sua personale variazione al romanzo mutando la provenienza di uno dei due dal sud al nord (la Napoli di fine ottocento, centro economico e culturale) per inasprire i toni dell’indagine-competizione.
Per il resto, sebbene la sceneggiatura sia stata scritta da Mortelliti e Maurizio Nichetti, l’ossatura del film proviene dal lavoro di Camilleri e a questo rimane fedele. La scomparsa di Patò risuona in primis per la vibrante polifonia dei registri che spaziano dal burocratese al dialetto e per la presenza di un cast proveniente dal palcoscenico. Fra gli altri interpreti, infatti, troviamo, oltre a Frassica e Casagrande, la figlia del regista, Alessandra Mortelliti, Flavio Bucci, Gilberto Idonea, Roberto Herlitzka, Simona Marchini e Giovanni Calcagno. Piacevolmente scorrevole, forse troppo, il film scioglie anzitempo le trame che avvolgono il protagonista e la sua conclusione, anche se persiste nello spettatore la curiosità morbosa di carpire ogni dettaglio del caso. E sebbene rotondo, il risultato in verità tradisce un imprint televisivo per le atmosfere e le scelte di regia che richiamano molte produzioni del piccolo schermo.
L’opera, prodotta in collaborazione con Rai Cinema e distribuita da Emme Cinematografica dal 27 febbraio, pur essendo connotata dalle usuali tinte di giallo dell’autore di Montalbano, si rivela assai attuale per la denuncia dei misfatti all’italiana. Non è un caso se, per via dei temi trattati, da una sua costola è nato un concorso letterario sulla legalità per le scuole superiori della provincia di Frosinone, cui appartiene il regista, dove sarà lo stesso Camilleri a presidiarne la giuria.

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