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Pensioni verso quota 102 ma solo per il 2022. Addio al lavoro a 64 anni e 38 di contributi

Pensioni verso quota 102 ma solo per il 2022. Addio al lavoro a 64 anni e 38 di contributi
(PRIMAPRESS) - ROMA - Il Consiglio dei Ministri di oggi darà il via libera alla manovra economica da 23,4 miliardi. Tra le voci principali c’è il controverso capitolo delle pensioni che sarà parzialmente risolto con una soluzione attendista. In vista della scadenza di fine anno della vituperata Quota 100 della Fornero, introdotta sotto il governo Monti, l’attuale esecutivo ha deciso per Quota 102 da applicarsi nel 2022 mentre già nel 2023 entrerebbe in vigore Quota 104. In sostanza l’atteso riordino delle pensioni non c’è stato ma d’altro canto non è semplice sistemare tutti i punti controversi del passato e la giungla di norme che hanno consentito a circa 900mila lavoratori di andare in pensione in età “giovane”, come rileva Andrea Brambilla del Centro Studi di Itinerari Previdenziali.   Nel 2019 l’età effettiva di pensionamento in Italia per vecchiaia, anzianità e invalidità previdenziale era di 62 anni e 8 mesi per gli uomini e 61 anni e 9 mesi per le donne, come la Spagna ma al di sotto della media europea, nonostante il nostro sia il Paese con la più alta aspettativa di vita. Ora con Quota 102 il limite si sposta a 64 anni d’età e 38 anni di contributi. Non è quanto auspicato dai lavoratori ma potrebbe rappresentare un buon punto di caduta per il nostro sistema pensionistico perché, almeno in parte, eliminerebbe la rigidità introdotta dalla riforma Fornero, che ha imposto due canali di uscita: 67 anni d’età anagrafica con 20 anni di contributi o 42 e 10 mesi di anzianità contributiva, 1 anno in meno per le donne.  C’è da sottolineare che nel 2022 oltre l’85% di coloro che andranno in pensione saranno nel cosiddetto regime misto con una quota contributiva iniziata nel gennaio 1996, il che significa avere oltre il 65% della pensione calcolata con il metodo contributivo. Poiché l’importo della pensione dipende molto dall’età anagrafica al momento del pensionamento, prima si accede alla rendita e minore sarà l’importo: non per penalizzazioni, come sostiene qualcuno, ma semplicemente perché si beneficia poi della pensione per più anni. “D'altra parte - rileva ancora Brambilla - è da ritenersi sbagliato il seguito della proposta governativa, cioè Quota 104 dal 2023 e, quindi, il ritorno alle regole Fornero. Infatti si rischierebbe di riproporre gli errori della legge Monti-Fornero, creando uno “scalone” che per 5 anni bloccherebbe l’accesso alla pensione a moltissimi lavoratori. Occorrono almeno 18 mesi tra un incremento e il successivo per poter consentire agli aspiranti pensionati bloccati nel passaggio da 62 a 64 anni (da Quota 100 a Quota 102) di poter lasciare il mondo del lavoro”. Ed è infatti sulla Quota 104 che, probabilmente, ci saranno le barricate dei sindacati.  Il dibattito pubblico si è basato principalmente sui lavori usuranti ma c’è un altro aspetto che non è stato trattato a fondo: l’equiparazione delle regole di pensionamento previste per i cosiddetti contributivi puri, cioè quelli che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996. - (PRIMAPRESS)