Questo sito NON utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei “social plugin” e di Google Analytics. Clicca sul bottone "Accetto" o continua la navigazione per accettare. Maggiori informazioni
Skin ADV

L'industria parallela delle contraffazioni Made in Italy vale circa 32 miliardi

  • di RED-ROM
  • in Economia
(PRIMAPRESS) - ROMA - Un’industria parallela quella della contraffazione di marchi italiani nel mondo che vale circa 32 miliardi, vale a dire circa il 3,6% del comparto maufatturiero del Made in Italy. A rappresentare il quadro di una grossa falla nel sistema di protezione della qualità e dell’ingegno che ha reso il Bel Paese uno dei player più importanti nella produzione di eccellenza, è la ricerca realizzata dall’Ocse e presentata al ministero dello Sviluppo Economico nella tavola rotonda moderata dal direttore di Primapress, Paolo Picone, tra il vice ministro Dario Galli e i rappresentanti delle categorie del Made in Italy  L’analisi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico quantifica in circa 24 miliardi di euro, il volume totale delle mancate vendite per le aziende manifatturiere italiane a causa della violazione dei propri diritti di proprietà intellettuale nell’ambito del commercio mondiale, nonostante un solido sistema di risposta alla contraffazione. Ma evidentemente, come è stato sottolineato dai rappresentanti di Cosmetica Italia, Federazione Moda Italia, Assopellettieri, CNA, Indicam, Federlimentare e Assinform, non sono misure sufficienti a debellare il fenomeno.   Gli ultimi studi, dunque, realizzati da Ocse e Censis per la Direzione generale per la lotta alla contraffazione-Uibm del dicastero, non lasciano dubbi, nonostante l’attività costante della Guardia di Finanza, alla necessità di creare un fronte più strutturato di protezione. A primeggiare nella classifica dei falsi sono i dispositivi Ict, con un valore stimato di 3,3 miliardi di euro di prodotti falsi importati in Italia. L’introduzione illegale in Italia di fake goods  provoca mancate vendite per le imprese  italiane nel commercio all’ingrosso e al dettaglio pari a un valore di 7,9 miliardi di euro. Circa il 61% dei consumatori italiani acquista consapevolmente prodotti contraffatti importati nel nostro Paese e il valore del danno al consumatore, ovvero il costo pagato ingiustamente dai consumatori italiani nella convinzione di acquistare un prodotto autentico, ammonta a quasi 8,3 miliardi di euro. La proporzione di articoli falsi acquistati consapevolmente in Italia varia molto in relazione al prodotto: si va dal 10% per i prodotti chimici per uso medico e farmaceutico al 64% per i dispositivi Ict. Nel 2017 il  “fatturato” stimato della contraffazione vale  7,2 miliardi di euro e cresce del 3,4% rispetto al 2015. Al primo posto gli italiani acquistano accessori, abbigliamento e calzature il cui valore sul mercato del falso è stimato in 2,4 miliardi di euro, pari al 33,1% del totale. Risulta aumentata anche la spesa per prodotti potenzialmente dannosi per la salute e la sicurezza della persona: nel 2017 gli italiani spendono ben 115 milioni di euro per profumi e cosmetici contraffatti, un mercato in crescita del 6,7% negli ultimi due anni. A causa del mercato del falso quasi 104mila unità di lavoro full time (circa il doppio dell’occupazione, ad esempio, dall’intera industria farmaceutica) sono sottratte all’economia legale. Senza la contraffazione, la produzione interna registrerebbe un incremento dello 0,6% della produzione, per un valore complessivo di 19,4 miliardi di euro, corrispondente a una ricchezza aggiuntiva per il Paese di 7 miliardi di euro. L’emersione della contraffazione significherebbe anche un aumento del gettito fiscale, tra imposte dirette (su impresa e lavoro) e indirette (Iva): se si considerano anche le imposte che deriverebbero dalla produzione attivata nelle altre branche dell’economia, a monte e a valle, il gettito fiscale complessivo ammonterebbe a 5,9 miliardi di euro, pari al 2,3% del totale delle entrate dello Stato per le stesse categorie di imposte.  La diffusione dell’e-commerce, la capacità dei siti web di scomparire e riapparire velocemente e la difficoltà di individuare la filiera, hanno consentito il moltiplicarsi di strumenti online per la commercializzazione di prodotti falsi e il conseguente aumento degli acquisti, spesso da parte di consumatori inconsapevoli.  I paesi che guidano la classifica della produzione di “same” sono Cina e Turchia anche se i mercati africani stanno rapidamente conquistando spazi sempre più rilevanti. Ma c’è chi vede anche in questa espansione la mano asiatica che proprio in quei paesi ha avviato numerose aziende. “I risultati delle due analisi presentate oggi confermano l’assoluta necessità di una risposta rapida, tempestiva e globale alla contraffazione - ha dichiarato Galli -. È quanto stiamo già facendo anche come Consiglio nazionale anticontraffazione, con interventi su misura per tutelare le nostre imprese, la cui competitività è oggi insidiata dalla concorrenza sleale di imprese illegali che si avvantaggiano degli investimenti in ricerca, innovazione e pubblicità dei marchi di eccellenza del made in Italy, per ottenere vantaggi competitivi a basso costo alimentando, in questo modo, il mercato del falso. Di fronte poi a un fenomeno sempre più capillare e invasivo, occorrono misure di salvaguardia del consumatore ignaro e di messa in guardia del consumatore consapevole, per un coinvolgimento attivo del cittadino”. - (PRIMAPRESS)